Lo so, il Tibet non c'entra molto con il Friuli Venezia Giulia. Ma ne voglio parlare ugualmente, perchè credo che la forza di indignarsi sia un valore in sè, sia che si parli della nostra regione, sia di Tibet.
E allora permettetemi questo sfogo. Uno sfogo per come la causa tibetana è stata (mal)trattata dai politici italiani e non solo.
Da una parte c'è una grande potenza che dal 1950 (anno dell'invasione ordinata da Mao) tiranneggia un popolo e ne occupa il suolo. Dall'altra parte c'è un popolo oppresso guidato da un'autorità spirituale moderata, che non chiede l'indipendenza, ma solo una maggiore autonomia.
E i rappresentanti della politica, di destra e di sinistra, che fanno? Lo snobbano. Non lo ricevono nemmeno. E cedono ai ricatti del Governo cinese che minaccia ritorsioni a chiunque dia credito al Dalai Lama.
La vicenda del Tibet è veramente sintomatica. Ancora una volta vincono la ragioni della realpolitik, ancora una volta gli interessi economici vengono anteposti a una causa giusta e sacrosanta.
Io credo che la politica debba avere anche una dimensione etica e coraggiosa, capace di fare la cosa giusta anche se a prima vista può apparire meno conveniente.
Anche in questo senso il costume politico italiano deve cambiare. Ed ecco perchè ho voluto aprire una piccola parentesi sul Tibet. Chiusa parentesi.
venerdì 21 marzo 2008
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